Monday, 14 June 2010

Walking and the City

Tampa è una città costruita per macchine. Camminare è tabù. Mentre vado investigando la possibilità di andare in spiaggia a piedi, il portiere dell'albergo mi guarda sorpreso, prima di sconsigliarmi vivamente ogni azione 'pedonale' di tal fatta: 'we'll call the shuttle bus'. E con lo shuttle bus - nome geograficamente più che adatto - mi dirigo diligentemente verso la playa, per scoprire che la distanza dall'albergo ammonta a non più di 800 metri. No country for walkers. Una città per macchine non si limita ad atrofizzare le gambe, agisce anche su come il cervello valuta le distanze, sulla pigrizia e lo stupore che si attaccano ad azioni per cui dovremmo esser fatti - se è vero che l'uomo emerge dalla scimmia proprio in quanto bipede, camminatore in postura eretta. Poi scopro che, in effetti, raggiungere la spiaggia a piedi è esperienza vagamente disturbante. Prima di tutto si deve attraversare una super autostrada, due sensi per una decina di corsie. Tuttavia c'è un semaforo e delle strisce pedonali, ed un pulsante da premere per esibirsi in un raro tentativo di traversata dell'asfalto. Dopo circa 5 minuti il semaforo diventa verde, poi mi annuncia che avrò trenta secondi per passare dall'altra parte senza essere tranciato dagli avidi SUV che mi fissano impazienti a destra e manca. Corro rapido come se stesso camminando su un tronco sospeso sulle rapide. Dopo questo stunt, avrò solo da percorrere 800 metri nel pratino sul bordo dell'autostrada. Mai sottostimare i consigli dei portieri.

Downtown Tampa è un reticolo di stradoni, grattacieli, palazzoni, marciapiedi scarsi e precari, svincoli e sopraelevate. Non vedo umani, solo macchine in movimento, cammino per decine di minuti da una avenue ad un drive, percorrendo strisce pedonali i cui semafori scandiscono tempi d'attraversamento olimpici, 12 secondi, così che arrivo a malapena in tempo, in leggera corsetta, immaginando con un ghigno la sorte della proverbiale vecchietta che si accingesse all'impresa. D'altronde nessuno cammina. Non incontro nessuno. Poi mi dicono che i miei colleghi di conferenza avevano intenzione di passare la serata al centro commerciale, la shopping mall, la versione di Tampa della piazza italiana, dove la gente esce a prendere il fresco (condizionato) e consumare in una delle varie catene. Preferisco camminare ancora, nel buio, tra macchine sfreccianti, aggrappato a minuscoli marciapiedi e semafori severi, fino a trovare un bus che mi riporti da dove vengo. Non c'è posto per pedoni a Tampa.

Alle sei di mattina albeggia a Nairobi, e mentre il tassista mi accompagna all'aeroporto sfrecciando preoccupantemente veloce per Mombasa Road, vedo ovunque gente camminare. Non ci sono marciapiedi, solo terra ai lati della strada, una lunga strada che porta fuori città, e centinaia di persone la percorrono, a passo spedito, a volte attraversando la strada a centimetri da camion carichi di cassoni, lunghe falcate di tute Adidas, jeans e completi beige e grigi, andature serrate, di chi è abituato a camminare, a pazienza e determinazione. Anche qui la città è ostile ai pedoni, per lo meno dove mi trovo lo denotano la mancanza di marciapiedi e le distanze che la gente si trova a percorre dall'alba. Però i pedoni si riappropriano della città, la sfidano con passi lunghi e costanti, diventano essi stessi macchine, lente ma affidabili macchine che dividono la strada con taxi e tir, nella polvere dell'alba keniana. Ogni tanto gruppetti di corridori sfrecciano a non più di un palmo dal traffico a cento all'ora della superstrada, tute scure e corsa veloce, sembrano scooter mentre zigzagano tra la processione dei camminatori tentennando pericolosamente verso la strada, tremila siepi, e forse più.

Johannesburg è cosi grande che il solo menzionare il camminare fa sorridere l'interlocutore come si sorride al bambino che propone sulla spiaggia di raggiungere a nuoto l'isola di Ponza. Decine di chilometri separano i quartieri, sviluppati indipendentemente come un patchwork urbano, ognuno con la sua logica toponomastica, topografica e geografica, tagliati da autostrade sopraelevate che lasciano poco spazio all'immaginazione del flaneur Baudeleriano. C'è di più. Non solo improbabile fisicamente, il camminare è anche un gesto infuso di paura. Interi quartieri sono 'better not to go', di notte, ovvio, ma anche di giorno, se possibile. Non si tratta però di disperatamente lontane banlieu parigine o 'projects' americani. Qui zone residenziale e commerciali stanno spalla a spalla con agglomerati derelitti di palazzi occupati e spazzatura in attesa di netturbini che arrivano quasi mai. Hillbrow e Berea, ad esempio, sfumano impercettibilmente per lasciare spazio a Newtown, al centro del notorio CBD, il centre business district, downtown Joburg, ovvero, il centro della città. Nella piazza di Newtown, Mary Fitzgerald Square, c'è un Fan Park durante i mondiali, maxischermo e food stalls, una massa di gente a veder le partite rinchiusa dentro un recinto e controllata da varie decine di guardie di vario tipo, nazionali, cittadine, private, volontari. L'atmosfera festosa della piazza, letteralmente sorvolata dai piloni dell'autostrada M1, è una bolla in cui si beve birra e si fanno foto in tranquillità. Uscendo i cancelli si percorrono non più di dieci metri e ci si trova in Bree Street, dove un solerte joburghese - abitante di una delle tante gated communities chirurgicamente asportate dalla città per mezzo di muri, telecamere, porte magnetiche e guardie - mi suggeriva di 'not to go there, never ever'. Altri 5 minuti a piedi e si è ad Hillbrow, la 'no-go area' per eccellenza secondo le varie persone che incontro, bianchi e neri, sconsigliandomi vivamente di andare, giorno e notte. Il poliziotto mi espone un'interessante ma dilemmatica strategia. 'never look disorientated, always look confident, walk quickly, do not pick up your phone, your camera, your map, never your map, and please, if you can, never walk alone'. Lo squisito dilemma dello straniero a Joburg: camminare spedito e sicuro di sè, non consultare mappe ne persone circa il tragitto che ovviamente si ignora: meno indizi della propria estraneità al luogo traspaiono, meno rischi di incorrere 'into troubles'. Magari perdersi, ma sempre con confidenza e sicurezza. Il camminatore di Joburg è un camminatore di quartiere che si sposta sono dentro la propria bolla, sia che sia una gated community dall'aria sterilmente inquietante, un quartiere middle class con graziose villette invisibili dietro gli enormi muri di cinta, una ex-township dove i prefabbricati si fondono con le shanty towns - un camminatore di quartiere, oppure un irresponsabile, che cammina a passo rapido e confidente, senza sapere dove stia andando...

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