Sunday 31 October 2010

Dell'insostenibile Leggerezza di Santoro



Urla. Urla la puzza che hai intorno, urla l’idiotica connivenza di sindaci, consiglieri, opinionisti, giornalisti, sciacalli, camorristi. Urla il NO senza appelli. Urlalo ai vari milioni di devoti che si autoinfliggono ogni settimana due ore di teatro degli orrori, nella vana speranza che stavolta sarà meglio, che qualche argomento verrà, alfine, trattato, che qualche risposta verrà, alfine, pretesa, anziché contentarsi di porre domande come in un gioco di società postmoderno. È il gran varietà della voce. Ognuno ha spazio, uno spazio gerarchicamente regolato, ovviamente. Il grande rivoluzionario si inginocchia un pò a tutti. Al baffuto fascista della Difesa, al contraffattore di firme della Lombardia, al leghista di turno, agli untuosi segretari del PD, alle affabulazioni auto-referenziali del signore della Puglia, alle metafore sconnesse dell’ex PM, perfino ad una sotto-segretaria così conforme da risultare eccentrica, o meglio, iper-centrica. Tutti parlano. Poi certo, se non si appartene al ceto, allora gli spazi son striminziti. Etichettati come ‘giovani’ e con l’aggiuntiva condanna di essere presentati dalla bionda di turno, le cui domande son degne di un’assemblea di terza liceo, i pochi outsiders hanno un paio di minuti di tempo per esprimersi, possibilmente entro le righe. Per carità, non disturbiamo le giacce, le cravatte e le gambe accavallate del palco di sotto. Altrimenti il conduttore rivoluzionario interviene a redarguire, ad azzittire, 2 minuti diventano 40 secondi, per ritornare ai 20 minuti di masturbazione leghista, o quant’altro. Poi accade che ci si voglia mostrare a contatto col popolo, vicini al sentire comune, e cosi il vuoto rincorrersi delle parole nello studio RAI si accompagna a collegamenti dalle zone di guerra. Fabbriche in sciopero, piazze in subbuglio, paesi isterici sotterrati da rifiuti. Gli inviati son tutti ingenui attivisti della Causa. Tradiscono l’emozione dell’universitario alla prima manifestazione. Hanno 30 secondi per spiegare, 1 minuto per cedere il microfono ai buoni selvaggi, quelli che, anni luce dalle luci dello studio, dai siparietti di Travaglio e il cabaret triste di Vauro, sono immersi nella melma di cui nello studio si parla forbitamente, e parlano. Ed urlano.
Da Terziglio un uomo urla di rabbia. Di puzza. Di orrore. Accusa. È subito azzittito, non si può parlare cosi, non si può accusare un ministro. Ci vuole rispetto. ‘Bertolaso ha una faccia tosta’? Ma non si può dire. ‘Bertolaso se ne deve andare’. E no, e no, dice il conduttore. Riprende il microfono. Un pò più calmo. Poi il tono risale. Eccolo di nuovo ad urlare. Urla. Urla. Urla di discariche piazzate su parchi naturali, di differenziata scoraggiata per profitto, di CIP6 ed altre amenità che hanno sanzionato la crisi permanente dei rifiuti a norma di legge, urla di ecoballe e di rifiuti tossici. Certo, non argomenta il tutto con razionalismo dialogico Habermasiano. In diretta per opochi secondi. Col paese che ascolta. Deve farsi sentire. Emozione e Rabbia lo sopraffanno. No. Emozione e Rabbia sono lui. Emozione e Rabbia valgono più di tutti i castelli di carta verbali costruiti in decine di anni zero. Però non va bene. No. Dobbiamo comportarci bene. Dobbiamo restare entro le righe. Dialogo pacato. Ecco. Sennò dallo studio come si fa ad interloquire? Sennò come fa il capo della protezione civile, si, quello che è ancora, nonostante tutto, il capo della protezione civile, ed ora siede tranquillo nello studio. Come fa a rispondere? E il ministro leghista? Come fa a dialogare? Allora è meglio zittire. Ecco. Rabbia ed Emozione irrompono per un minuto, l’unico minuto politico della serata. Poi Il conduttore rivoluzionario rimette tutto in ordine. E se quello che ha detto venga inteso come una minaccia? Non va bene. Abbassare i toni no? Anche il commissario straordinario – sempre lui, quello della Maddalena, dei mondiali di nuoto, quello delle emergenze nazionali per le feste paesane – fa notare che queste minacce possono fa dubitare della sua incolumità allo spettatore – che ovviamente non capisce, non può capire. Poi si lancia in un breve elogio da brividi ai risultati di Napoli e dell’Aquila. Dalla zona di guerra le urla ora sono molteplici, sovrapposte e furiose. I selvaggi delle periferie che gli intrepidi inviati di Santoro sono andati a scovare non son più buoni. Ora son cattivi. Fuori controllo. C’è rischio che la pacata atmosfera dello studio venga avvelenata. Allora il conduttore rivoluzionario sfodera il solito viscido paternalismo, e riprende il signore alterato – il selvaggio non più buono – come si fa con un bambino a scuola. “È un errore esprimersi con questo linguaggio” e dato che non c’è nulla di minaccioso, nulla di teso, nulla di alternato nei suoi contenuti, perchè non “esprimersi con più tranquillità?”. Già. Basta guardare le gambe accavallate nello studio. Loro si che son tranquilli. Perchè non si può dialogare in modo civile, si chiede il conuduttore rivoluzionario mentre rida la parola al commissario straordinario. Dalla zona di guerra solo un altro breve intervento è concesso, sotto controllo però Non si possono lasciare i selvaggi troppo liberi di parlare. Se non sanno esprimersi come vogliamo noi, con calma e tranquillità, razionalmente e pacatamente, non li vogliamo mica. Son queste le regole della sfera pubblica di Santoro. Il dialogo deve essere Habermasiamente razionale, calmo e civile. Al tempo stesso le idee e le opinioni devono circolare liberamente, postmoderno relativismo, senza rischi di smentite. Queste le regole del gioco. Il signore/selvaggio è uno di quelli che non parla ma diviene Rabbia ed Emozione mentre esprime, lui si, cos’è la ‘spazzatura a Napoli’. Il signore/selvaggio il gioco delle opinioni libere non lo vuole giocare, e quanto sente le cazzate che gli propina il commissario, non sta li calmo e seduto ad argomentare, ma gli urla contro tutta la verità della propria rabbia.
No. Non va bene. C’è troppa politica in questo gesto, e Santoro lo sa bene che per restare dov’è, a fare le sue trasmissioni e a giocare contemporaneamente il ruolo del martire, la politica deve essere detonata. Siamo tutta gente civile e razionale qui nello studio. Il collegamento si chiude. Prego signor Bertolaso, vada avanti.

Wednesday 13 October 2010

3 Anni nel Silenzio

Verso la fine di una giornata piuttosto grigia ed inconcludente, raffreddata e ventosa, ho riguardato un filmetto indipendente di Tekla Taidelli, 'Fuori Vena', che ricorda diversamente Trainspotting, SLC Punk e Amore Tossico, girato a Milano tra tossici, appunto, punkabbestia, ravers e 'gente perbene'. Niente male. Certo, e' il primo lungometraggio di Tekla, ci son sbavature e banalita' qua e la', pero' c'e' meno buonismo di Trainspotting, meno angoscia di Amore Tossico, piu' freschezza di SLC.

Vabbe'. Finito il film cerco informazioni su Tekla e trovo qualche cortometraggio. Sbokki di Vita, che avevo gia' visto, girato a 23 anni. Poi un corto di cinque minuti preparato due anni fa, 2008, in occasione del 60imo anniversario della dichiarazione dei diritti umani. si intitola La Legge e' Uguale Per Tutti, ed ha come tema, appunto, l'articolo 7: "Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione."

Narra brevemente degli ultimi due giorni di vita di Aldo Bianzino, attraverso due scene. La prima si svolge a casa di Bianzino, di notte, quando col solito tragicomico grande stile la polizia fa incursione e porta via Aldo e la sua compagna, davanti al bambino attonito. Le terribile accusa e' coltivazione di Marijuana. Coltivazione e uso personale. Via in gabbia. Questa e' la legge Bossi-Giovanardi. La seconda scena ha come protagonista la moglie, in caserma, sul punto d'esser rilasciata, che alla insistente, comprensibile domanda "quando vedro' Aldo" ottiene la seguente risposta "Martedi', dopo l'autopsia".

Vabbe'. Online - visto il silenzio assoluto dei mass media - ci si puo' fare un'idea degli accaduti. Delle incongruenze tra le autopsie. Della palese malafede delle forze dell'ordine. Della cella non sigillata dopo l'accaduto. Della definizione di morte per 'cause naturali' quando il corpo presenta costole rotte, orecchio tumefatto, distaccamento del fegato ed e' stato rinvenuto privo di indumenti, salvo una maglietta. Dell'omissione di soccorso di fronte alle grida di Bianzino durante la notte dopo il pestaggio.

Ora, ogni volta che mi ri-imbatto sulla storia di Aldo Bianzino sono attraversato da un pulviscolo di rabbie di vario grado, dalla rabbia rassegnata verso i media silenziosi - a parte il grandioso titolo di un giornale umbro la mattina in cui verra' poi trovato morto Bianzino “Brillante operazione di polizia, maxi piantagione di cannabis, arrestata coppia tifernate” (radicali.it) - a quella bruciante verso Fini, Giovanardi e tutti gli altri vigliacchi che si sono cimentati in leggi repressive ed illogiche sulla droga cavalcando l'ignoranza, a quella violenta verso gli sbirri picchiatori ed impuniti, a quella allibita nei confronti della decisione di far tenere le indagini sulla morte misteriosa di Bianzino allo stesso magistrato che ne aveva voluto l'arresto, a quella sconsolata nei confronti della malattia che, poco tempo fa, ha portato via anche la moglie, lasciando orfano il figlio Rudra, a quella furiosa nei confronti della becera idiozia popolare che con silenzio e menefreghismo ha accettato l'accaduto poiche di 'drogato' alla fine si trattava.

In questo stato di amaro nervosismo di colpo ho avuto l'impulso di controllare la data della morte di Bianzino. Non so bene perche', mera curiosita' probabilmente. Beh, attonito ho constatato che Aldo Bianzino e' morto nella notte tra il 13 e il 14 ottobre 2007. 'Mentre' son qui, a casa, nell'umida notte londinese, attraversato da una rabbia sconsolata, esattamente 3 anni prima, nella notte Umbra, Aldo Bianzino, accusato di coltivare piante e poi fumarle, veniva trascinato in carcere, ed ucciso.

RIP

Wednesday 6 October 2010

Lisciare il pelo senza strappi

Da sottolineare il discorso di Lerner dal minuto 9.50

In poco meno di due minuti distrugge la logica leghista, nonchè la sciatteria idiotica della sinistra che continua a ragliare sulla necessità di 'ascoltare il territorio' quando il vero punto, fondamentale, dello 'stare sul territorio' non è ascoltarlo, così assecondandone i tic vari ed eventuali, ma quello di ri-territorializzarlo, ri-produrlo, in un processo a spirale in cui il partito modifica e viene modificato dalla comunità in cui finalmente si 'sporca'.

Infine, e non meno importante, la lezione di Lerner si applica devastantemente alla logica Berlusconiana del 'decisionismo', strombazzata come la vera novità della politica the PDL rispetto all'eterno tentennare della sinistra. Berlusconi non è mai stato decisionista, come la sua dipendenza assoluta al sondaggismo compulsivo dimostra. Lui ha sempre cercato di piacere e quindi, nelle parole di Lerner, di lisciare il pelo al suo elettorato. La versione 'decisionista' non corrispondeva ad una lungimiranza politica pronta a farsi carico di critiche e polemiche nel nome di una visione 'futura', che andasse oltre il pantano dell'applauso contingente. Al contrario, corrispondeva semplicemente al 'dar voce' agli istinti da sottobosco così tipici dell'Italiano medio, istinti che portano ad alzare la voce e menar le mani - quello che il Governo ha fatto finora, e certo non solo figurativamente viste la molteplici occasioni in cui son volati manganelli.

Ora, tutti possono facilmente intuire che alzare la voce e menar le mani non corrisponde a quel decisionismo, giusto o sbagliato che sia, che una certa politologia di destra giustamente un tempo rivendicava.

Inoltre, ciò che succede oggi è che, spaventato per crisi interne e perdite di voti a favore della lega, il decisionismo non è più nemmeno scimmiottato. Cattaneo, l'altroieri all'Infedele, sembrava un apprendista equilibrista, oscillando pericolosamente tra logiche leghiste - ma incapace di perseguirle spavaldamente fino in fondo, come appunto fanno i leghisti - e logiche pseudo-decisioniste, che però, messo alle strette, negava clamorosamente, quando, nella tentennante (equilibristica) risposta al discorso Lerner, nota che 'il compito del leader è di farlo [indicare la via con lungimiranza etc] senza strappi'.

Senza strappi?