Risotto particolare, dato che le more in questione, rigorosamente selvatiche (colte da chi ha pazienza, non certo io, nella ridente Epping Forest, fuori Londra), sono state infuse per qualche mese nel gin, così da realizzare una versione apocrifa di un classico inglese, lo 'sloe gin', liquore che risulta dall'infusione di 'sloe berries' (ovvero bacche di prugnolo selvatico), appunto in gin, rigorosamente made in UK.
Fatto sta che le suddette more, una volta rimosse dal 'blackberry gin' ormai pronto, hanno un sapore gradevole, ma anche l'inevitabile retrogusto amarognolo del gin, oltre a un forte sapore alcolico. La sfida dunque sta nel mantenere la piacevole aromaticità che hanno acquisito, però smorzando l'aggressività alcolica e il bitter aftertaste.
Per risolvere il problema, ho prima di tutto stufato a lungo un paio di cipolle rosse, fino a renderle invisibili. La loro dolcezza servirà a smorzare l'amaro delle more infuse.
Poi ho aggiunto le more, per la maggior parte schiacciate, assieme al riso, alzando la fiamma così da, al tempo stesso, tostare il riso e sfumare l'alcol in esse impregnato. Durante la cottura del risotto (con un brodo vegetale molto leggero) ho scottato a parte il guanciale, tagliato a striscioline fine, fino a renderlo dorato e croccante. L'idea è che il grasso del guanciale smussi le asperità alcoliche delle more, oltre a legarsi, come senza dubbio la carne di maiale sa fare, con la dolcezza del frutto. A metà cottura ho aggiunto al riso un'abbondante manciata di rosmarino, ho poi mantecatocon un poco di granaglona, ed infine aggiunto il guanciale. A parte ho anche preparato una crema di latte e peretta sarda da aggijngere nel piatto, così da ammorbidire, esaltare e mescolare i sapori, oltre che ad ottenere un effetto estetico gradevole. .
L'abbinamento d'obbligo è un buon rosso corposo, tipo un cannonau o un syrah, magari uno che sappia sprigionare aromi di frutta nera, prugna e more soprattutto, così' da mescolarsi in bocca col risotto fino a diventare indistinguibile...