Monday 16 June 2008

Eurovisioni

C'è un non so che di inquetante in atto.

Il governo sta cercando esplicitamente di fare passare provvedimenti che hanno risvegliato pure Veltroni dal lungo letargo, decreti cosi espliciti nella loro utile (per chi di dovere) inutilità (per il paese) o diffuso pericolo da rimandarci indietro nel tempo ai peggiori momenti della quadruplice esistenza condottiera del premier.

Oggi probabilmente si è raggiunto il punto di fusione con una bizzarra lettera spedita da Berlusconi a Schifani (il carteggio stesso è di per sè comico) in cui il premier snocciola tutti i clichè delle sue precedenti reincarnazioni (dai giudici comunisti all'immunità necessaria), rinunciando di colpo ai tentativi di mascherare la sua solità attitudine dietro ad una facciata di "realismo", "decisionismo" e "disponibilità al dialogo".

En Passant, La Russa piazza 3000 militari nelle città italiane, come se stesse preparando un attacco in un turno di Risiko.

Ora, è chiaro che, a parte i soliti luoghi comuni sul "ci risiamo", l'accelerazione indotta sia in termini pratici che teatrali merità attenzione precisa.

E allora ecco che, pur rischiando l'accusa cospiratoria, emerge la tentazione di correlare cio' che accade in Italia a ciò che accade in Svizzera. Che si approfitti dello stordimento calcistico per dare uno scossone senza che il paese, ora solo interessato a francesi e biscotti, vi faccia caso?

Solo un'idea....

Tuesday 10 June 2008

Berlusconi as a civil libertarian activist

L’atteggiamento di Travaglio nei confronti del paventato decerto contro le intercettazioni è, nei suoi modi, prettamente dalla parte dello stato, nella difesda del diritto dello stato di erodere la privacy dei cittadini nel nome del bene comune.

Lo Stato, d parte sua, si erge a difensore della privacy volendo limitare le proprie prerogative.

Cosa succede?

Succede che in Italia lo stato non corrisponde, anzi oggi è contrapposto, al sistema giudiziario. Quindi un stato che si oppose a se stesso non è necessariamente in contraddizione.

Certo, stupisce anche come Travaglio tratti con nonchalance il problema delle intercettazioni, con la stessa nonchalance del governo, seppur con segno opposto.

Ancora, la spiegazione sta in parte nelle motivazioni di un’azione governativa cosi’ evidentemente volta a salvaguardare gli interessi dei suoi membri.

Da varie parti si spiega come la motivazione economica non abbia fondatezza, cosi come la pretesa di fare paragoni internazionali senza tener conto del fatto (fondamentale) che tutte le intercettazioni (legali) italiane sono realizzate previa richiesta di autorizzazione ricevuta da un giudice terzo. Altri paesi hanno molteplici attività interecettative istituzionalizzate (performate da soggetti pubblici, come l’NSA) ma che possono essere espletate senza richieste di autorizzazione, prestandosi ad ovvi abusi (le direttive dell’amministrazione Bush, dal Patrot Act in su, sono piuttosto chiare a riguardo).

A chiunque si interessi un minimo di questioni relative a privacy e sorveglianza appare decisamente assurdo, comico e paradossale il modo in cui rappresentanti governativi lamentino lo stato sorvegliante italiano comparandolo con la situazione americana. Ogni esperto, attivista o semplicemente informato lettore di tali questioni sa che gli Stati Uniti sono certamente il peggior esempio possibile in questo campo (se si escludono dittature esplicite), con poteri amplissimi e non accountable, concessi a molteplici agenzie governative che godono di una libertà di azione piu’ di una volta abusata.

In confronto la procedura italiana, che richiede appunto l’autorizzazione del giudice, appare immensamente piu’ consistente con le basilari garanzie che uno stato di diritto deve concedere ai cittadini.

E’ qui che il paradosso si fa piu’ marcato. L’atteggiamento del governo sembra ricalcare quello di attivisti libertari oltranzisti, avvicinandosi a posizioni Lockiane di pura inviolabilità della sfera privata a prescindere dal bene comune (che si individua attaccato solo da due modelli estremi, mafia e terrorismo). Insomma, un atteggiamento che in tutto il sistema occidentale è propriamente in contrapposizione rispetto allo stato, in Italia è fatto proprio dallo stato stesso.

Un atteggiamento simile, quello di invocare il diritto alla privacy per evitare il pubblico scrutinio si ritrova nell’industria privata, dove questo diritto è continuamente rivendicato a protezione di attività lecite o meno. Nella funzione pubblica è un elemento che stona maggiormente, andando contro uno dei requisiti fondamentali dello stato democratico, l’accountability, la responsabilità nei confronti del cittadino legata alla trasparenza, al porsi di fronte al controllo di quest’ultimo.

Se il mezzo delle intercettazioni richiede una regolamentazione piu’ precisa (in termini di autorizzazione, selezione delle parti rilevanti e pubblicazione), non è con la sua distruzione che si ottiene un risultato. Questa propensione del governo verso la limitazione dei propri poteri in funzione dell’interesse privato del cittadino appare sospetto, in quanto si oppone alla strategia generale del governo stesso che è esattamente opposta: Se per i critici c’è una chiara deriva dal rispetto di fondamentali diritti umani, anche chi acclama il governo potrà notare che esso tende, maggiormente di altri, a porre il bene comune al primo posto, al livello dei proclami ovviamente.

Dalla sicurezza ai rifiuti, il messaggio è lo stesso, ovvero il perseguimento di obbiettivi d’interesse nazionale anche se cio’ puo’ comportare la sospensione di qualche diritto individuale o di minoranze.

Allora perchè in questo caso si cambia rotta? Perchè si abbracciano le posizioni degli attivisti piu’ oltranzisti, rasentano posizion alla Hobbes o Hayek, sostenendo la libertà assoluta del cittadino nella propria sfera privata?

La risposta è chiara: l’interesse privato (quello degli indagati governativi, il premier in primis) da una parte, e dall’altra e una lotta intestina, in seno all’istituzione stessa, tra il settore esecutivo e quello giudiziario, con il primo determinato ad imbavagliare il secondo, nel bene e nel male.

Ancora una volta si finisce per lasciare da parte le considerazioni necessarie sul bisogno di adeguare il sistema spionistico statale alle direttive europee dell’articolo 8 e del DPA, ma piuttosto si favorisce il solito approccio dentro-fuori, in cui una posizione è quella dell’abolizione, un’altra del mantenimento. La giusta via è ancora tralasciata, e lo stesso Travaglio, nella foga di attaccare giustamente un provvedimento aberrante, sembra dimenticarsi che non solo gli abusi esecutivi, ma anche quelli giudiziari, vanno arginati.