Sunday 22 April 2012

Cascina Lo Zoccolaio, Barbera d'Alba Suculé, 2005



It is its dark, deep, ink-like colour, with garnet beams, to communicate me that an important wine is jumping out from the bottle tonight, its first visit of the outside, oxidising world in seven years. Last time he breathed the fresh air of the outside was in Barolo, Cascina lo Zoccolaio, where it had been bottled in 2005. From then on, only minute puffs through the cork, a cork for ¾ penetrated by the wine itself, sign of the liquid’s eagerness to escape.

Such a haste needs time to ponder, to breathe. Nonetheless I poured a small glass straight after opening the bottle and the wine seemed already there, pungent, profound, with a deep dark, ripe plum surrounding the nose and a strong note of tobacco providing a line of flight from such a profundity. Two hours later the tobacco has become much softer, letting some leather and vanilla and perhaps balsamic feelings emerge. Simultaneously the dark plum has been complemented by a joyful dark cherry, as if in these few hours of proper breathing the wine has adapted to the atmosphere of the night, stretching itself, and now is in perfect shape, almost jumping out of the glass, absolutely not intimidated by the age.

The mouth is full, plumy, the sweetness balanced by constant acidity, to open a slightly dark chocolaty after taste, only hinted at, throughout a pleasurable persistency of ripe red fruits. The tannins, slightly overwhelming and dusty after opening the bottle, have now become softer, and carpet the palate subtly.
It is a wine ready if there ever was, perfectly mature, certainly with some ageing potential still, although the risk of losing such a frantic freshness  would advise against forgetting it in the cellar for too long. This Suculé engaged in a difficult relation with a blackberry and pig cheek risotto, whose sweets undertones didn’t quite manage to match its vibrancy. It loved much more some Norcia sausages who, just like it, were dark on the outside and lively purple and fresh in the inside.

Overall a seriously good wine experience, for an extremely reasonable price (14£). 

Tuesday 20 March 2012

Allegrini, La Grola, 2008

A stunning relative of Amarone.





The colour is a dark ruby, impenetrable. The wine needs to breath and breath and breath, much more than I allowed it to. As a result, the nose took ages to develop the wonderful jammy black fruits and plum, together with the oaky notes, a touch of leather, the marvellous hint of dark chocolate and perhaps some cloves too. Overall, nose is (moderate to) intense, fine and complex. It has a powerful, spicy character. In the mouth there is an initial sweetness of dark and jammy red fruits, always supported by a consistent acidity, which doesn't come later but is actually parallel to the fruity notes, following them all along the tasting. At the end the taste make a smooth turn. It is a strange, astonishing effects. The sweet and fresh fruitiness of the beginning slowly fades. There is a moment in which the acidity dominates. Then the tannin steps in, carpeting all the back palate with a soft and elegant astringency, which smoothly mingles with the acidity, producing a succulent after-taste. It is at this point that a bitter, dark chocolaty flavours steps in, reproducing the exact sensation that a bite of proper 80% fondente can produce. The impressive thing is that everything is still there: the freshness of the fruit, though much more subtle, still pops in. Their sweetness too, still lingers in, in dialectic engagement with the chocolaty bitterness. The acidity is always there too, proverbial scaffolding of the whole experience.

This is a wonderful wine, certainly not cheap but reasonably priced (18£), which reproduces some of Amarone’s sensations without however being a mere low-key imitation of the more famous (and pricey) relative, but rather showing its real character, as an original member of the corvina family (80% Corvina and 20% Syrah). The wine can age and age. Cannot even imagine how Allegrini's Amarone could be. 



Thursday 15 March 2012

Cline Syrah 2005, California

An extremely rich wine, in a very woody style.


The colour is ruby with garnet hints. Nose is extremely intense, almost overwhelming with the spices (coffee, tobacco and vanilla, but also anise, balsamic and laurel) almost aggressive. Then after a while on the glass the fruit comes in, cherry jam and almost-dried plum. There is a complexity which however doesn't lead to finesse (too much spices perhaps, covering the fruits). In the end almost caramel emerging. Overall the nose is extremely interesting if a bit too warm, perhaps anticipating a lack of acidity. Mouth is extremely warm and smooth, almost too soft. Chocolate and berry jam. There is nonetheless a certain freshness which avoid the wine becoming disturbingly jammy. Tannins are very smooth, almost too much, and sapidity is lacking. It is a moderately balanced, moderately fine wine overall, whose main drawbacks are the lack of sapidity and the not impressive length. Still, it has a surprising freshness and the nose, if not completely balanced, is nonetheless very interesting and quite addictive. If I were to give it a vote, I would say 83.

Wednesday 8 February 2012

Gunderloch Jean Baptiste Riesling Kabinett 2009



Gunderloch Jean Baptiste Riesling Kabinett 2009


Il colore tenue sfuma tra verde e paglierino. L’impatto è intenso, con toni di limone e mineralità, quasi erbaceo, elegante, bilanciato, con un sentore di melone e pesca. In bocca è sorprendente, aggredisce subito, sembra quasi pizzicare la lingua, poi tutto si smussa verso una dolcezza che quasi ricorda un gewurztraminer, dolcezza aromatica, che però è subito prevenuta dal divenire eccessiva, stucchevole, rimane solo qualche istante, il tempo di rilassare il palato dalle asperità iniziali. Poi subito s’impenna un’acidità impressionante, acidità rotonda, ossimoro tenuto insieme da un delicatissimo sapore di mela che poi si muta in retrogusto regalando una una soave persistenza, come di succo di mela.

Un vino di indubbia eleganza, non semplicemente bilanciato ma, direi, calibrato, poichè non si tratta soltanto d’ equilibrio statico da bilancia, piuttosto è equilibrio dinamico, in movimento, che smuove il palato su e giù senza mai portarsi fuori baricentro.

Qualcuno lo definisce monodimensionale, e probabilmente a livello olfattivo lo è. Però non credo che qui ci si proponga altro. Il vino è giovane, ed a questo prezzo (9£, fascia bassa per un riesling tedesco) non cerca improbabili funambolie aromatiche, si concentra piuttosto sull’esperienza gusto-tattile in bocca, e con-vince decisamente.

L’abbinamento preferito è il cibo d’asia orientale. Ho rischiato un pò tentando l’abbinamento centrasiatico, con un pollo al curry, il vino tuttavia si è comportato piuttosto bene, soccombendo solo di poco, mancando corpo e dolcezza per fronteggiare il piatto. Riprovato con una vellutata di cavolo nero molto speziata, l’abbinamento ha retto, e reso, perfettamente. 


Saturday 4 February 2012

Risotto alle More e Guanciale




Risotto particolare, dato che le more in questione, rigorosamente selvatiche (colte da chi ha pazienza, non certo io, nella ridente Epping Forest, fuori Londra), sono state infuse per qualche mese nel gin, così da realizzare una versione apocrifa di un classico inglese, lo 'sloe gin', liquore che risulta dall'infusione di 'sloe berries' (ovvero bacche di prugnolo selvatico), appunto in gin, rigorosamente made in UK.

Fatto sta che le suddette more, una volta rimosse dal 'blackberry gin' ormai pronto, hanno un sapore gradevole, ma anche l'inevitabile retrogusto amarognolo del gin, oltre a un forte sapore alcolico. La sfida dunque sta nel mantenere la piacevole aromaticità che hanno acquisito, però smorzando l'aggressività alcolica e il bitter aftertaste.




Per risolvere il problema, ho prima di tutto stufato a lungo un paio di cipolle rosse, fino a renderle invisibili. La loro dolcezza servirà a smorzare l'amaro delle more infuse.


Poi ho aggiunto le more, per la maggior parte schiacciate, assieme al riso, alzando la fiamma così da, al tempo stesso, tostare il riso e sfumare l'alcol in esse impregnato. Durante la cottura del risotto (con un brodo vegetale molto leggero) ho scottato a parte il guanciale, tagliato a striscioline fine, fino a renderlo dorato e croccante. L'idea è che il grasso del guanciale smussi le asperità alcoliche delle more, oltre a legarsi, come senza dubbio la carne di maiale sa fare, con la dolcezza del frutto. A metà cottura ho aggiunto al riso un'abbondante manciata di rosmarino, ho poi mantecatocon un poco di granaglona, ed infine aggiunto il guanciale. A parte ho anche preparato una crema di latte e peretta sarda da aggijngere nel piatto, così da ammorbidire, esaltare e mescolare i sapori, oltre che ad ottenere un effetto estetico gradevole. .








L'abbinamento d'obbligo è un buon rosso corposo, tipo un cannonau o un syrah, magari uno che sappia sprigionare aromi di frutta nera, prugna e more soprattutto, così' da mescolarsi in bocca col risotto fino a diventare indistinguibile...

Wednesday 1 February 2012

I Crepuscolari


“Ciascuno di noi ha conosciuto quelle creature che Benjamin definisce ‘crepuscolari’ e incompiute, similia i gandharva delle saghe indiane, metà geni celesti e metà demoni. ‘Nessuna ha posto fisso, contorni netti e inconfondibili; nessuna che non sia in atto di salire o di cadere; nessuna che non si scambi col suo nemico o col suo vicino; nessuna che non abbia compiuto la sua età e che non sia profondamente esausta eppure ancora all’inizio di un lungo viaggio’. Più intelligenti e dotati degli altri nostri amici, sempre intenti in immaginazioni e progetti per i quali sembrano avere tutte le qualità, non riescono, però, a finire nulla e restano generalmente senz’opera. Essi incarnano il tipo dell’eterno studente e del gabbamondo, che invecchia male e che, alla fine, dobbiamo, sia pure a malincuore, lasciarci alle spalle. Eppure in loro qualcosa, un gesto inconcluso, una grazia improvvisa, una certa matematica spavalderia nei giudizi e nel gusto, un’aerea scioltezza delle membra e delle parole testiimonia della loro appartenenza a un mondo complementare, allude a una cittadinanza perduta o a un altrove inviolabile. Un aiuto, in questo senso, ce l’hanno dato, anche se non riusciamo a dire quale. Forse consisteva appunto nel loro essere inaiutabili, nel loro ostinato ‘per noi non c’è nulla da fare’; ma, proprio per questo, sappiamo alla fine di averli in qualche modo traditi”

Giorgio Agamben, Profanazioni, p.31-2

Monday 30 January 2012

Risotto con Verza e Speck


Risotto con Cavolo Verza, Patate, Speck (croccato a parte e sfumato con vino rosé) e Pomodori (sbollentati, pelati e taglati a dadini), spruzzato d'olio evo Rigalese e formaggio granaglona. Accompagnato (bene) a un Mazets de Saint Victor

Saturday 28 January 2012

Mazets de Saint Victor, Cotes du Rhone Villages Laudun, 2007 (Foncalieu)

Colore rubino intenso, scuro, buona consistenza. Al naso emergono subito le spezie (cuoio, pepe), poi la frutta (amarena e prugna). Alla bocca risulta decisamente tannico, acido e fresco, caldo, vellutato, persistente, meno bilanciato di quanto ci si potesse aspettare.

Classici accostamenti di rito per un Cothes du Rhone Village sarebbero carni rosse e formaggi stagionati, ma questo Laudun risulta molto più fresco e acido di quanto ci si possa aspettare, e dunque dà il meglio con formaggi a media stagionatura e piatti di carne non eccessivamente sofisticati. L'ho provato con delle uova al prosciutto e l'accostamento è stato alquanto soddisfacente.

Il palato delude un pò, non riuscendo a mantenere i livelli dell'ottimo naso. L'alcol inizialmente risulta lievemente aggressivo e, anche se il vino tende decisamente ad aprirsi col passare dei minuti, tale tenue ma sgradevole 'violenza' alcolica rimane. L'acidità, in questi vini robusti e a volte ben troppo stucchevoli, è spesso un pregio, In tal caso però si va oltre. La freschezza è infatti eccessiva, finisce per sbilanciare il vino, compromettendo nel palato il soffice manto che i tannini (di ottima qualità) avevano costruito. Né perde senza dubbio il restrogusto che lascia una persistenza sbilanciata e non convince decisivamente (non si ha troppa fretta di riempire di nuovo il bicchiere). Probabilmente un vino leggermente fuori tempo, il cui equilibrio comincia proprio ora a disgregarsi, e che va consumato assolutamente entro l'anno. Detto questo, resta comunque un vino di buona qualità, che tenderà però inevitabilmente a lasciare insoddisfatti, vista l'incapacità, al palato, di mantenere le promesse dell'olfatto.

pubblicato su Le Strade del Vino

Vellutata di Zucca con Crostini di Mozzarella e Prosciutto


Looking for the right Ham, Mozzarella, Bread and Pumpkin combination

Monday 23 January 2012

Vellutata di Cavolo Nero e Patate con grano e riso integrale





Black Kale and Potato velluté, served with brown rice and wheat grain, matched (quite well indeed) to a Domaine de Cabanes, Rosé de Provence, 2009.