Monday 9 March 2009

Referendum e Democrazia

La democrazia, pure nella sua forma più diluita, edulcorata, svampita ed insipida, ha nel voto la sua espressione più classica e basica. Di voto, la modalità più semplice, antica e diffusa è quella che delibera SI o NO riguardo ad una questione. Ci troviamo continuamente, dalla scelta di un ristorante con amici ad un'assemblea di classe o condominio, fino alla forma più istituzionale del referendum, a decidere se fare o no qualcosa tramite votazioni maggioritarie di questo tipo.

Il referendum può essere quindi definito la forma più pura del voto, quella che si esercita direttamente e riguardo ad una questione specifica, senza affidarsi a facce o coalizioni. In teoria, lo scopo del referendum, come di ogni votazione, è testare il parere del cittadino riguardo ad un tema specifico, un parere che può esercitarsi con un SI, un NO o un'astensione. Il problema primario del referendum è il raggiungimento del quorum, ovvero di un numero minimo di votanti così da renderlo rappresentativo del corpo elettorale.

In una democrazia ideale questo problema non dovrebbe sussistere. Una condizione di voto ideale bypasserebbe ogni limitazione al voto e garantirebbe la scelta di una delle tre opzioni a disposizione da parte di ogni singolo elettore. Questo vuol dire che tutti gli eventuali ostacoli al voto verrebbero eliminati (ad esempio l'assenza dell'elettore per malattia, dimenticanza, vacanza, residenza all'estero, semplice pigrizia). Eliminare tali ostacoli significherebbe mettere in piedi un sistema di voto in cui tutti avremmo l'opportunità di votare con il minimo sforzo possibile. Ad esempio, si potrebbe votare rispondendo ad una domanda per telefono, inviando un sms e cosi via. Chiaramente questioni di sicurezza e validità del voto impediscono per ora sistemi del genere. Però è chiaro che essi rappresenterebbero l'ideale democratico, in cui ogni possibile ostacolo al voto è scavalcato, cosi da lasciare solo la pura e semplice scelta dell'elettore, ciò su cui l'edificio democratico dovrebbe fondarsi.

La questione sulla necessità o meno di accorpare il referendum elettorale con le votazioni amministrative ed europee di Giugno va quindi oltre la semplice questione economica su cui il dibattito politico si sta sviluppando (il fatto che aggregare le tre votazioni in un giorno solo farebbe risparmiare circa 400 Milioni di Euro). Si tratta infatti di agevolare il voto referendario, non semplicemente per far si che il referendum vinca, ma piuttosto per far si che gli Italiani abbiano la possibilità di esprimere la propria scelta a riguardo più facilmente, con meno limitazioni ed ostacoli che ne impedirebbero il voto e che, in teoria, lo Stato dovrebbe essere profondamente impegnato per, e felice di, poter eliminare. Ad esempio, i vari elettori che vivono all'estero e che torneranno per le Europee, nella stragrande maggioranza dei casi non potranno permettersi di ritornare in Italia una seconda volta, solo una-due settimane dopo, per il voto referendario. L'accorpamento darebbe loro la possibilità di votare a riguardo. Badate bene che chi non è interessato si asterrà in ogni caso. Altro esempio: con l'arrivo del caldo i cittadini potranno certo accettare di rinunciare ad una gita domenicale per votare. Quanti di loro vorranno rinuanciare a due domeniche consecutive?

Si tratta di esempi semplici e anche un pò banali, che però esprimono chiaramente ciò che si sostiene qua, ovvero che ogni misura volta a facilitare in modo neutrale (ovvero senza implicare un orientamento di voto) la capacità di voto dell'elettorato va messa in pratica. Il PD dovrebbe cominciare a sostenere questo punto, a fianco delle motivazioni economiche, così da rendere evidente fino a tal punto la concezione di democrazia del PDL è marcia.

Oltre che di risparmiare del denaro, si tratterebbe di diminuire molte dei possibili impedimenti (oggettive e soggettive) al voto referendario, che prescindono dalla reale volontà di voto del cittadino e che quindi ostacolano la pura e semplice pratica democratica. In tal modo si agevolerebbe la possibilità di capire ciò che gli Italiani pensano a riguardo del referendum (se sono a favore, contro oppure preferiscono astenersi), che poi sarebbe lo scopo prefissato da tale strumento in una democrazia.

Sostenere che l'accorpamento referendario darebbe un inaccettabile 'un aiutino' ai promotori del referendum, come il senatore Quagliarello ha recentemente fatto ad 8 e 1/2, vuol dire essere a digiuno delle nozioni più basilari di democrazia, nonchè in chiara malafede, ed infine senza alcun pudore nello sbandierarlo.

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